Le Donne di Ravensbrück. Testimonianze di deportate politiche italiane il 3 febbraio all’Auditorium Varrone

Ancora un’occasione, lunedì 3 febbraio, per ricordare e riflettere sull’atroce esperienza della deportazione nei campi di sterminio e di lavoro e per provare a comprendere cosa significò essere donna sotto una dittatura. Sarà la proiezione del documentario “Le Rose di Ravensbrück” ad aprire, alle 9.30 all’Auditorium Varrone, la manifestazione organizzata dal Comune di Rieti, in collaborazione con il gruppo Teatro Alchemico e l’Archivio di Stato, che alternerà una performance teatrale alla lettura di brani tratti dal libro “Le Donne di Ravensbrück”, di Lidia Beccaria Rolfi e Anna Maria Bruzzone, testo ispiratore della iniziativa. Seguirà la proiezione del documentario “Sulle tracce di Isel”, a cura di Andrea Cherubini. La manifestazione, curata dalla Vicesindaco, Emanuela Pariboni, e dalla Consigliera con delega alle Pari Opportunità, Pamela Franceschini, vedrà la partecipazione degli Istituti Superiori della città.

L’incontro ha lo scopo di esercitare la memoria e continuare nell’opera di divulgazione delle testimonianze. La scelta del testo e del documentario intorno a cui è incentrata l’iniziativa evidenzia l’intenzione di ricordare, in particolar modo, l’esperienza vissuta dalle donne nella città concentrazionaria di Ravensbrück, unico lager esclusivamente femminile, nato prima per “rieducare” e poi sterminare le deportate politiche di tutta Europa.

“Il campo di sterminio è soprattutto campo di cancellazione dell’identità” e, l’opera di disumanizzazione inizia subito, all’ingresso nel campo, con il “cerimoniale” dell’arrivo che “si ripete con monotona precisione, d’estate come d’inverno e per tutti i trasporti” racconta Lidia Beccaria Rolfi. Il campo è concepito appositamente per “violentare la persona, per umiliarla, per distruggerla, per renderla bestia”. Ma la macchina della morte non aveva tenuto conto della capacità di ripresa, di recupero delle donne. Della loro capacità di resistere ed organizzarsi in modo complice per sopravvivere.
Purtroppo il dramma dei sopravvissuti è continuato anche dopo la liberazione. La loro storia, il loro vissuto faceva paura, era carico di un dolore che si voleva allontanare, dimenticare. I loro racconti suscitavano spesso sensi di colpa difficili da gestire in chi non aveva sofferto la deportazione. Il bisogno di parlare, raccontare, si scontrava con la paura di non essere capiti. Soprattutto le ex deportate politiche hanno sofferto di questo timore. Spesso le donne al loro ritorno in patria “si videro opporre un muro di disinteresse, di incomprensione, di diffidenza e talora persino di ostilità”. La loro partecipazione alla Resistenza veniva sminuita attraverso l’equazione resistenza uguale lotta armata. Ma le donne hanno resistito in tanti altri modi. A Ravensbrück, ad esempio, non lavorando, o lavorando male e lentamente. Hanno resistito conservando la loro dignità, la loro umanità.

Ed è da qui, da queste donne, dalle deportate politiche di Ravensbrück che l’Amministrazione comunale intende partire per un percorso al femminile che attraversi le date più significative della nostra storia: 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, perché possa finalmente emergere con forza il ruolo che le donne hanno avuto nei momenti cruciali della nostra storia, in gran parte tutta ancora maschile.